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Felice Palma. Massa 1583-1625. Collezione / Collection.

Texts by Andrei Cristina, Ciarlo Nicola, Federici Fabrizio, Claudio Casini and Sara Ragni.
Italian and English Text.
Pontedera, 2024; bound in a case, pp. 289, b/w and col. ill., b/w and col. plates, cm 24,5x34.
(L'Oro Bianco. Straordinari Dimenticati. The White Gold Forgotten Masters).

cover price: € 160.00

Felice Palma. Massa 1583-1625. Collezione / Collection.

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Felice Palma. Massa 1583-1625. Collezione / Collection.

Texts by Andrei Cristina, Ciarlo Nicola, Federici Fabrizio, Claudio Casini and Sara Ragni.
Italian and English Text.
Pontedera, 2024; bound in a case, pp. 289, b/w and col. ill., b/w and col. plates, cm 24,5x34.
(L'Oro Bianco. Straordinari Dimenticati. The White Gold Forgotten Masters).

FREE (cover price: € 160.00)

Felice Palma. Massa 1583-1625. Collezione / Collection.

Le botteghe del marmo

Italian and English Text.
Ospedaletto, 1992; bound, pp. 153, 10 b/w ill., 60 col. ill., cm 24x29.
(Immagine).

FREE (cover price: € 34.49)

Le botteghe del marmo

Museo Stefano Bardini. I Bronzetti e gli Oggetti d'Uso in Bronzo

Edited by Nesi A.
Firenze, 2009; paperback, pp. 191, 102 b/w ill., 7 col. ill., cm 17x24,5.
(Museo Stefano Bardini).

FREE (cover price: € 30.00)

Museo Stefano Bardini. I Bronzetti e gli Oggetti d'Uso in Bronzo

Bronzetti e Rilievi dal XV al XVIII Secolo

Bologna, 2015; 2 vols., bound in a case, pp. 729, ill., col. plates, cm 21,5x30,5.

FREE (cover price: € 90.00)

Bronzetti e Rilievi dal XV al XVIII Secolo

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Liliana Guarino. Arlecchino "Intimacy"

Gangemi Editore

Roma, Castel Sant'Angelo, July 2 - January 2, 2003.
Roma, Castel Sant'Angelo, July 2 - August 2, 2003.
Roma, 2003; paperback, pp. 80, ill., cm 24x30.
(Opere Varie).

series: Opere varie

Subject: Monographs (Painting and Drawing)

Period: 1960- Contemporary Period

Places: No Place

Languages:  italian text  

Weight: 0.46 kg


Oltre 50 le opere di arte contemporanea presentate dall'artista siciliana, che vive e lavora a Modica, in provincia di Ragusa, nel cuore di quel gioiello barocco che è la Val di Noto, appena dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco, e che per la prima volta, dopo le esposizioni di Catania e Milano, giungono nella Capitale. A Roma, nella splendida cornice di Castel Sant'Angelo, Liliana Guarino presenta un nuovo corso del suo viaggio artistico. Le sue mutazioni stilistiche sono evidenti ma, per chi ha avuto modo di seguire la sua evoluzione, mantengono un filo conduttore che non può sfuggire al visitatore.
Rimane l'intensa matericità, il deciso astrattismo, la massiccia presenza di colore che, grazie alla naturale espressione delinea un indefinito simbolismo, impercettibile ma che non sfugge all'occhio attento ed esperto. Rimane l'introspezione psicologica, la ricerca interiore che, attraverso le "forme informi", attraverso i mille colori, appare manifestando i propri stati d'animo.
Cambia, invece, la musa ispiratrice che diventa il simbolo dell'allegria, della spensieratezza, della positività ma che, tolta la maschera, svela il proprio lato triste e a volte commuovente. Un apparente contraddizione che genera turbamento e che, lo spirito creativo dell'artista manifesta attraverso grandi tele impregnate di infiniti colori caldi, forti, decisi richiamando i tratti caratteristici della maschera di Arlecchino.
Le gabbie rotte di Liliana Guarino. Tra le sbarre, si fanno largo colori, palpiti di una vita che reclama di essere vissuta, fuori da ogni soglia e da ogni costrizione. Immediata è la percezione di avere di fronte un'artista-bambina: la sua arte trasmette tutta l'innocenza di due occhi che si affacciano al mondo da poco e che reclamano attenzione, amore, dolcezza, voglia di giocare. E come una bambina Liliana è prepotentemente gelosa di ciò che le appartiene. Non chiedetele cosa rappresenta quell'opera e perché le ha dato proprio quel nome; è come chiederle di confessarvi i suoi più intimi sentimenti, lo stato di passione, rabbia, amore, felicità, dolore, allegria, angoscia, nostalgia che il suo animo ha manifestato nel momento in cui la sua mano e tutto il suo corpo hanno dato vita a ciò che vi troverete davanti.
Liliana Guarino, quando crea, diventa un tutt'uno con la sua opera: la ama, la odia, la coccola o la "distrugge", la ferisce, la possiede: un indescrivibile tormento, una passione travolgente è alla base di tutta la sua produzione. Non a caso la sua indole può essere considerata assolutamente mediterranea: calda, passionale, a volte struggente ma con una costante: l'evidente tratto vulcanico che la fa distinguere come un'artista decisamente innovativa, lontana dai palcoscenici, dalle apparenze, da tutto quanto non è autentico e originale. Lei, donna solare, allegra, schietta e sincera, rifiuta qualunque paragone: ama l'arte, ama i pilastri dell'arte mondiale, ma quando "mi trovo davanti ad una tela tutto ciò che i miei occhi hanno visto lo rimuovono. Quando sento l'esigenza di creare un'opera non so mai cosa farò: sento solo un grande turbamento, una forza dentro di me che si sprigiona e che scarico attraverso i colori e le forme indefinite che man mano prendono corpo". La sua fonte d'ispirazione è l'istinto che varia col mutare del clima, dell'atmosfera che la circonda, delle emozioni del momento.
La sua pittura ricusa qualsiasi etichettatura. Vive, evolutivamente, di vita propria. Essa è indifferente alle mode più o meno usurate, agli adattamenti convenzionali, agli estetismi di comodo. Si affida anzitutto all'istinto.
Di lei è stato detto: "quest'artista con le immagini...con la luce...con le lacrime sempre presenti nei quadri...entra nel cuore e a tratti spara raggi stroboscopici agli occhi". Nella pittura di Liliana Guarino sono presenti, contemporaneamente più elementi: l'uomo, la natura, l'invisibile, la luce, le ombre, il tempo. Quest'ultimo, in particolar modo, scandisce le diverse fasi dell'artista. "Ciò che sono mi porta a pensare che sono nata in un'epoca sbagliata. Non che in passato tutto andasse bene, ma l'orrore di certi fatti e la costante perdita dei valori più veri mi fa sentire spaesata. A volte penso che con questo mondo non ho niente a che fare". E infatti guardando le sue opere non si può non cogliere la rabbia verso le ingiustizie e gli orrori. Ma non si può non cogliere, allo stesso tempo, l'amore per la vita, per la natura, per la terra a volte in modo chiaro ed esplicito, a volte solo mediante accenni.
Ora le figure, i paesaggi, i volti, gli oggetti, certi dettagli sono ben definiti, afferrati in quel magico momento con cui la migliore pittura sa rendere le cose al mondo della visione; ora, in maniera assolutamente opposta, sono divorati in un'autentica action painting, da un gesto rabbioso ed espressivo o da un'astrazione matematica che cancella ogni ipotesi di figurare forse in favore di una autoreferenzialità che mette in mostra più i procedimenti del vedere stesso, che le cose in sé, più il sistema nervoso che il falso centro d'equilibrio anatomico e logico di un pittore.

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