La fine della fine della storia

Con la caduta del muro di Berlino il nuovo impero delle democrazie liberali occidentali sembrava non avere più rivali, sembrava l'apice di un'evoluzione naturale, un nuovo ordine che era anche un destino a cui tendeva l'umanità. Era l'illusione della fine della storia. Ci siamo beati della cosa e siamo passati dal sogno al sonno. Ma ci siamo svegliati bruscamente quando qualcuno ci ha urlato in faccia che la realtà era diversa, che la maggior parte del pianeta non voleva abbracciare il nostro stile di vita. Quella è stata la fine della fine della storia e il sogno è diventato un incubo incalzante: il crollo delle Torri Gemelle, la crescita di nuovi attori geopolitici, la pandemia, la guerra in Ucraina, Gaza, l'Iran, le migrazioni, il riscaldamento globale, la crisi del sistema democratico europeo, l'ascesa dei populismi e delle destre... Tutto che si sfascia. Allora abbiamo reagito come si reagisce a uno shock o a un lutto, desiderando fortemente di fermare il tempo, tornare indietro, riportare le lancette della storia al momento dorato del nostro "trionfo", dopo il 1989, prima del 2001. Ma proprio come avviene per il lutto, tornare indietro non si può. Chi è morto è morto, bisogna convivere con la sua assenza e scendere a patti col futuro. È inutile cullarsi nell'idea di un ritorno al Giardino dell'Eden o riproporre ancora e ancora idee che non reggono più alla prova dei fatti. Siamo costretti ad abitare un mondo scomodo, a contrattare gli uni con gli altri, a cercare di volta in volta una via plausibile di convivenza. Dopo l'elaborazione di un lutto la vita riparte, diversa da prima, ma riparte. Allo stesso modo, per continuare la storia, dobbiamo elaborare il nostro disagio, comprendere che quel sogno è finito, e solo allora potremo iniziare la ricostruzione di qualcosa di nuovo.