Scienza nuova

A un certo punto, qualche decennio fa, si è pensato che i saperi umanistici avessero fatto il loro tempo. Polverosi e saccenti, erano fossili inattuali nella nuova età della comunicazione; vaghi e inconcludenti, erano futili nella nuova età della scienza; obsoleti e 'antichi', erano inservibili per una umanità che doveva fare i conti con le nuove tecnologie. Quei pochi che, volenti o nolenti, continuavano a coltivare e insegnare i saperi umanistici si erano messi sulla difensiva: le Humanities (nuovo nome per una cosa antica) si dovevano trasformare in ancelle della comunicazione, e il meglio che si potesse augurare a un umanista che non avesse avuto la fortuna di insegnare a scuola era di fare il giornalista o di lavorare in una televisione. Erano, diciamo così, le Humanities 2.0, quelle che hanno nutrito i corsi di laurea in scienze della comunicazione. Ora però sono i giornali e le televisioni ad apparire cose del passato, la scienza ha riscoperto la necessità di uno sguardo più totale, le humanities si sono rinnovate perché non godono più di una rendita di posizione, e l'industria, nel momento in cui la produzione è sempre più appaltata alle macchine, capisce che il primo passo di una impresa è la comprensione del mondo in cui opera. Sono le condizioni che stanno alla base delle Humanities 4.0, e che ispirano il progetto di "Scienza nuova", l'istituto di studi avanzati dell'Università di Torino di cui questo libro illustra e condivide le intuizioni e le intenzioni di fondo.