L'Italia dei 40 ladroni

Li chiamano ladri, anche se tecnicamente ladri non sono. Finiti sotto accusa per corruzione, concussione, peculato o magari per appropriazione di denaro pubblico che a loro era stato affidato, che avrebbero dovuto gestire, amministrare nell'interesse di noi cittadini: sono politici, imprenditori, tesorieri di partito, manager pubblici. Un tempo venivano indicati come i boiardi di Stato, a segnalare la loro appartenenza a una sorta di aristocrazia feudale, per definizione al di sopra di ogni regola. Non si può parlare di loro senza parlare del sistema che hanno incarnato, rappresentato, fatto funzionare in virtù di norme non scritte ma ugualmente imperative. A chiamarli ladri si rischia una querela, ma soprattutto di non capire chi siano stati prima di finire in un'aula di tribunale o semplicemente sui giornali o, nei casi da noi più lontani, sui libri di storia. Ladri? No, persone affidabili, direbbero alcuni, perché in politica conta la capacità di ricatto in senso politico, paralegale.